Pagina:Lucrezio e Fedro I.djvu/43

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di Tito Lucrezio Lib. I. 15

     Morir quaggiù; se la Natura industre
     Sempre dell’un l’altro ristora, e mai
     Nascer non puote alcuna cosa, al mondo,
     370Se non se prima ne perisce un’altra.
Or via, giacchè fin’ora io t’ho dimostro,
     Che nulla mai si può crear dal nulla,
     Nè mai cosa creata annichilarsi;
     Acciò tu nondimen dei detti miei
     375Non abbi a diffidar, perchè non puoi
     Dille cose veder gli alti principj,
     Ascolta in oltre; ed a quei corpi attendi,
     Che tu medesmo a confessar costretto
     Sei, che pur son benchè non puoi vedergli.
     380Pria se vento gagliardo il mare sferza
     Con incredibil violenza ignota,
     Le smisurate navi urta e fracassa:
     Or ne porta sull’ali atre, tempeste,
     Or via le scaccia, e ne fa chiaro il giorno;
     385Talor pe’ campi infurìato scorre
     Con turbo orrendo, e le gran piante atterra;
     Talor le selve annose in su gli eccelsi
     Monti con soffio impetuoso svelle;
     Tal con fiero e crudel mormore insorto
     390Geme, freme; s’infuria, e il Ciel minaccia.
     Son dunque i venti un invisibil corpo,
     Che la terra, che il mare, ch’il ciel profondo
     Trae seco a forza, e ne fa strage e scempio;