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Pagina:Luigi Barzini - Al fronte (maggio-ottobre 1915).djvu/146

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118 dai ghiacciai dell'adamello


in un’ora tutte le energie di una vita, avendo speso in sè stesso, in un sublime dialogo fra la volontà e l’istinto, tutte le eloquenze della sua anima. La fatalità ha voluto suggellare sulle sue labbra il mistero del suo magnifico dramma.

La spedizione è stata ripetuta, ma con altri mezzi. Il danno fatto non era irreparabile, se gli austriaci possedevano tubi di ricambio. E dovevano certamente possederne a Riva. Infatti le nostre ricognizioni hanno potuto vedere un affaccendamento di lavoro intorno alle chiuse del Ledro. Si è pensato quindi a troncare rimpianto idraulico in modo definitivo. Non più pochi uomini, ma un battaglione. Se non si passava di sorpresa si sarebbe passati per forza. Gli zaini dei soldati erano pieni di gelatina esplosiva.

Fuori di ogni sentiero, per i boschi del Carone, la truppa, dopo aver sorpreso di notte i posti avanzati austriaci, ha raggiunto il ponte sul Ponale a Biacesa, un gran ponte in ferro che sosteneva con le sue travate le tubature dell’impianto elettrico. Tre piloni, tre mine. Uno scoppio immane, un lampo accecante, una eruzione di rottami, e il ponte era scomparso.

È una guerra di colpi di mano, nella quale il nemico, più tardo, dimostra una pesantezza e spesso una inumanità teutoniche. In un recente combattimento, piccolo ma accanito, che ha completato il nostro fronte sul Garda, gli