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unioni e scissioni 167


stico chiacchierìo tumultuoso della nostra folla a cui si contrappone il mutismo solenne e impressionante della folla inglese, per esempio, della quale si ode il rumore, ma non la voce. Una folla anglo-sassone o teutonica agitata da un entusiasmo è unita persino nell'evviva!, col suo hip, hip, urrah!, e canta in coro. E il canto collettivo — anche quando è stonato — è il segno migliore dell'accordo.

Questo nostro spirito di scissione noi lo troviamo esagerato negli italiani all'estero, e specialmente in America. La massa della nostra emigrazione, come già abbiamo avuto occasione di rilevare, proveniente da paesi diversissimi, misera e incolta nella generalità dei casi, è nel complesso deficiente di quelle qualità che formano il carattere nazionale. Per di più la necessità del lavoro la divide: la lotta accanita per l'esistenza o per la fortuna fa di un uomo quasi l'avversario d'ogni altro uomo. Le preoccupazioni della vita attuale distolgono la mente dalle cose della patria, le cui conseguenze, del resto, non sono più immediate; la distanza e il tempo annebbiano e discolorano quanto si è lasciato indietro; sulla nuova terra altre tradizioni ed altre usanze fioriscono e fanno dimenticare le antiche; ogni cosa, insomma, concorre ad allentare i vincoli dell'unione. Infine l'allargarsi d'una nuova civiltà offre a tutte le ambizioni in concorrenza l'esca di nuovi onori, reali e fittizî.

L'onore che è più a portata di mano laggiù è dato dalla carica di presidente, di consigliere, di segretario, di qualche cosa insomma di una società italiana. Vi sono società italiane utili e benemerite della collettività, ma ve ne sono molte il cui scopo è proprio quello di fornire delle cariche sociali ai soci, un titolo onorifico da sostituire al cavalierato che il democratico regime americano non ammette. Le cariche sociali vi si cambiano a turno una volta all'anno. Così chiunque può diventare il señor Presidente; il che in Republica