Pagina:Luisa Anzoletti - Giovanni Prati, discorso tenuto nel Teatro Sociale la sera dell'11 novembre 1900 per invito della Società d'abbellimento di Trento, Milano 1901.djvu/46

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e zolfo gittato sulla fiamma, che con guizzi e crepiti divampò vie più tremenda. E ne divampan tuttora que’ versi fieri a’ suoi mevj e detrattori, in La mia cronaca di poeta, il calunniatore, Dolori e giustizie, e in altre liriche, dove freme un nobile corruccio e fuma la bile di Archiloco. Gli amici suoi auguravano ch’ei si fosse potuto abbattere in critici amorevoli e temperati. Può tuttavia venire anche il dubbio: gli avrebbero giovato gran che? Bensì gli giovarono i rivali astiosi, i critici falsi, i sopracciò presuntuosi e sciocchi; gli servirono come Marsia ad Apollo: a inventare qualcosa di nuovo, affinchè imparassero i mortali come un nume si vendica d’un satiro.

Dissi da principio, che dopo aver osservato il Prati come poeta che appartiene alla letteratura e alla storia della nazione, avremmo finalmente osservato l’aspetto più caratteristico, e per noi Trentini più glorioso, ch’egli presenta come poeta regionale, come figlio della terra nostra.

Le onoranze che Trento oggi gli rende, hanno un alto significato civile che ognuno di noi sente parlarsi in cuore, e che forse solo una tacita commozione può esprimere appieno.

Noi onoriamo il patrio poeta, gloria delle lettere italiane, le cui sembianze, come l’èrma sacro d’un Indigete tutelare, speriamo si adergano tra breve a perennare la presenza di lui sulle rive dell’Adige che Virgilio cantò, presso il glorioso monumento di Dante: presso questo supremo simbolo civile, che l’inviolabile ideale della patria armonizzando con l’amore universale dell’umanità, dice, che fra