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106 dell’istoria di verona

da Polieno (lib. 8, c. 10) attribuito ad arte e a saggia condotta di Mario. Giovò ancora la polvere, che non lasciò conoscere a’ soldati Romani la gran moltitudine de’ nimici. I migliori de’ Cimbri restaron sul campo, e fra questi il Re: nè avrebbero molti di essi potuto fuggir volendo, poichè quei della prima fila, acciocchè non potessero mai disordinar gli altri retrocedendo, erano stati vincolati insieme con lunghe funi trapassate per le cinture. Atroce spettacolo si vide poi nel lor campo e negli alloggiamenti; perchè le donne infuriate ammazzavano crudelmente i fuggitivi, benchè fossero mariti, figliuoli o padri, e si difendeano ferocemente dai carri con picche o lancie, trafiggendo in fine se stesse ed i lor bambini. Furono in ciò aiutate da feroci cani, de’ quali dice Plinio, che sconfitti i Cimbri, difesero le lor case ch'eran su i carri (lib. 8, c.40: defendere domos eorum plaustris impositas). Scrive di esse Floro oscuramente, che mandaron prima chiedendo a Mario libertà e sacerdozio: ma impariamo da Valerio Massimo (lib. 6, c.1) che seguì ciò l’anno avanti, e nelle donne dei Teutoni, le quali dimandarono d’essere mandate in dono alle Vestali, offerendosi a servare anch’esse ugual castità.

Non è stato fuor di proposito il distendersi alquanto nel racconto della espedizionc de’ Cimbri, sì per distinguerne i tempi e i diversi fatti, e sì perchè oltre all’essere di quella famosa guerra il paese nostro stato teatro, un avanzo di quella gente rimase per sempre nel Veronese, e nel Vicentino e Trentino, e se ne man-