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142 ricordi delle alpi.

poi tutti della brigata offrimmo pane, cacio, frutta e qualcosa di meglio.

Fu allora per noi una sonora e generale risata; per essi una festa, cui certo non s’aspettavano: la tavola non tardò ad essere sparecchiata del miglior modo.

— Senti, gobbo! l’apostrofava ancora il capitano, dovresti un po’ narrarci qualche storiella; so che n’hai di belle e di buone; che te ne pare?

— Son tutte vecchie, sa — rispondeva mangiando a due palmenti il pover’omo — e forse le non saranno di gusto.

— Piuttosto, un milite intromettendosi, piuttosto avresti a cantarci la storia della Povera Lena: dicono ch’è il tuo forte: è vero?

— Loro signori hanno troppa bontà per queste povere spalle (e accennava alla gobba); è vero, io n’ho sofferte di molte, e mi sono ingegnato a raccontarle talvolta in seno di gioconde brigate: ma allora erano altri giorni il cuore non aveva una grinza, e il riso veniva su a ogni istante senz’averci a pensar molto.... Eh, allora!...» In così dire il suo volto si annuvolava, e la parola gli finiva fredda e svogliata sulle labbra.

— Che! che! ti lascieresti dunque prendere dalle paturnie, Tonio? ripeteva il capitano,