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— Veramente convinta? — disse don Innocenzo, grave. — Sa veramente quanto è grande oggi, quanto lo può essere domani il sacrificio che si propone?

— No — rispose Edith giungendo le mani — non dica questo, non dica questo! Ciò che faccio è niente rispetto a quanto io debbo a mio padre. Così Dio mi accordi ch’egli venga alla fede! Intanto son felice che non abbia sospettato di nulla. Quanto a me potrò anche dimenticare. Lei mi aiuti!

Povero prete, aiutare a combatter l’amore! Nella sua grande bontà ingenua, il sacrificio di Edith gli pareva irragionevole. Se quest’uomo era nobile, se l’amava, certo avrebbe amato egli pure con affetto figliale il padre di lei, certo avrebbe cooperato al santo fine che Edith si prefiggeva.

— È necessario — diss’egli — è utile davvero questo sacrificio? Pensiamo bene. Potrebb’essere che Suo padre desiderasse veder Lei collocata, che questo pensiero gli procacciasse delle angustie segrete. Anche questo: sa Ella di quanti e quali mezzi si può servire Dio per condurre alla fede un’anima? Forse nell’ambiente di una famiglia cristiana ve ne sono tanti che Lei adesso non immagina neppure. Parlo per l’avvenire. Per quello che è stato metta il Suo cuore in pace. Se qualche male avesse a succedere, nessuna colpa può ricadere sopra di Lei. No, nessuna, lo creda. Quand’anche Ella avesse dato a questo signore segno... non so... di simpatia, insomma, mai Ella non sarebbe responsabile davanti a Dio delle azioni disoneste che colui ora commettesse.

— No — diss’ella — ma però sarebbe un gran dolore.

Don Innocenzo tacque; cercava parole che non venivano. Gli facevano invece violenza altri pensieri generati dal racconto di Edith; il sospetto di una trama disonesta, il dubbio di dover fare qualche cosa presto, fors’anche subito, per combattere i disegni che Edith pareva attribuire a Marina e che Marina stessa le aveva