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244 i gusti [§ 13-16]

si consumano; e che, ove non si voglia ciò fare e si intenda di considerare l’ofelimità di una merce come dipendente dalla sola quantità di detta merce, diviene necessario di ragionare solo di variazioni assai piccole, e quindi di studiare il fenomeno solo nelle vicinanze di una data posizione di equilibrio.

14. Passiamo ora al secondo genere di dipendenza. Un uomo può sfamarsi con pane o con patate, può bere vino oppure birra, può vestirsi di lana o di cotone, può, per avere un lume, usare il petrolio o candele steariche. Si concepisce che una certa equivalenza si possa stabilire tra i consumi corrispondenti ad un dato bisogno. Ma qui occorre distinguere accuratamente se l’equivalenza è relativa ai gusti dell’individuo, oppure ai suoi bisogni.

15. Se la relazione di equivalenza si riferisce rigorosamente ai gusti dell’individuo, essa altro non è se non la relazione che dà la curva di indifferenza per le merci equivalenti; onde veramente è inutile discorrerne a parte. Dire che un uomo ritiene equivalente pei suoi gusti di sostituire, nella sua alimentazione, ad un chilogrammo di fagiuoli, due chilogrammi di patate, è esprimere che la curva di indifferenza tra i fagiuoli e le patate passa pel punto 1 chilogrammo di fagiuoli e 0 di patate, e pel punto 2 chilogrammi di patate e 0 chilogrammi di fagiuoli.

16. Talvolta, per altro, l’equivalenza non si riferisce ai gusti, bensì ai bisogni. In tal caso non ci sarebbe più identità tra la relazione di equivalenza e quella della curva di indifferenza. Per es., un uomo può sfamarsi mangiando due chilogrammi di polenta ovvero un chilogrammo di pane; una signora può per ornamento adoperare una collana di perle false o una collana di perle fini. Riguardo ai gusti, l’e-