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164 l’innamoramento


47.Ben egli è ver che quella fiamma è tale
che non senza piacer langue e sospira;
e vaga pur del non curato male,
mille in sé di pensier machine aggira.
Or si rivolge al velenoso strale,
or l’ésca del suo ardor lunge rimira;
e ’n questi accenti a le confuse voglie
con un Ahi! doloroso il groppo scioglie:

48.— Ahi ben d’ogni mortal femina vile
omai lo stato invidïar mi deggio,
poi che di furto e con insidia ostile,
da chi meno il devria, schernir mi veggio!
Mi ferisce il suo stral, m’arde il focile,
né de le mie sventure è questo il peggio:
ch’alfin le fiamme sue son tutte spente,
se la madre d’Amore amor non sente.

40.Ma ch’io soggiaccia a sì perversa sorte
che le bellezze mie si goda un fabro?
un aspro, un rozo, un ruvido consorte,
inculto, irsuto, affumigato e scabro?
e che legge immortal peggior che morte
mi costringa a baciar l’ispido labro?
labro, assai più ne l’orride fornaci
atto a soffiar carbon, ch’a porger baci?

50.un, ch’altro unqua non sa, che col martello
tempestando l’ancudini infernali
le caverne assordar di Mongibello
per temprar del mio Padre i fieri strali,
che dan cadendo in questo lato e ’n quello
vano spavento ai semplici mortali,
e del maestro lor sembianti espressi,
com’è torto il suo piè, son torti anch’essi?