Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/300

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70.Vago è del bello, e di leggier s’accende
di duo begli occhi un giovanetto core.
Agitato vacilla, or lascia, or prende,
quasi Camaleonte, ogni colore.
Il pianeta volubile che splende
tra le fredd’ombre del notturno orrore,
tante forme non cangia incontro al Sole,
quant’egli in sé stampar sempre ne suole.

80.So che ’l ben si diffonde, e si diletta
communicarsi altrui per sua natura.
Ma chi giunge a goder beltá perfetta
non dev’ésca cercar di nova arsura.
Alma gentile in nobil laccio stretta
di publico giardin frutto non cura,
perché vulgare e prodiga bellezza
posseduta da molti, è vii ricchezza.

81.Cosa non è che tanto un core irriti,
quando Amor da ragion vinto si sdegna,
quanto il vedersi i suoi piacer rapiti
da mano ingrata, e per cagion men degna.
Tu gli altrui dolci e lusinghieri inviti
fuggir (s’hai senno) a piú poter t’ingegna,
perché di te non faccia Citherea
quel che d’Atide fece un’altra Dea.

82.Cibele degli Dei madre feconda
fu d’Ati un tempo innamorata assai,
e degna n’era ben l’aria gioconda
del viso, ch’avea bel, come tu l’hai.
Avea bocca purpurea, e chioma bionda,
e sotto oscure ciglia ardenti rai,
né de le prime lane ancor vestita
la guancia vermiglietta e colorita.