Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/563

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91.O de’ terreni onor perfida usanza,
con cui l’oblio di súbito si beve,
onde con repentina empia mutanza
viensi l’uomo a scordar di quanto deve;
e non solo d’altrui la rimembranza
in lui s’offusca e si smarrisce in breve,
ma sí del tutto ogni memoria ha spenta,
che di se stesso pur non si rammenta!

92.11 paese de’ sogni è questo, a cui
pervenuti noi siamo a mano a mano.
Vedi ch’a punto ne’ sembianti sui,
simile al sogno, ha non so che del vano,
ch’apparisce e sparisce agli occhi altrui,
e visibile a pena è di lontano.
Qui da Giove scacciato il Sonno nero,
contumace del Ciel, fondò l’impero.

93.Ma per poter varcar l’onda soave
sará buon ch’alcun legno or si prepari. —
Ed ecco allora in pargoletta nave
strania ciurma apparir di marinari.
Ubatone e Tarassio il remo grave
e Plutocle e Morfeo movean del pari.
Era il vecchio Fantasio il galeotto,
al mestier del timone esperto e dotto.

94.Presero un porto, ove d’elettro puro
a l’augel vigilante un tempio è sacro.
Quindi scolpito sta l’Herebo oscuro,
quinci d’Hecate bella il simulacro.
In su l’entrar, pria che si passi al muro,
v’ha di duo fonti un gemino lavacro,
che fan cadendo un mormorio secreto;
Pannichia è detto l’un, l’altro Negreto.

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