Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/594

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215.Fisa dritto colá meco lo sguardo,
dove l’ampia riviera il passo serra.
Quivi campeggia il gran Campion Guisardo,
contro cui non si tien torre, né terra.
E par che dica intrepido e gagliardo:
«Chi la pace ricusa, abbia la guerra».
E con prodezza a la baldanza eguale
de l’aversario i miglior Forti assale.

216.L’essercito reai cauto provede
di genti e d’armi, e non s’allenta o stanca
per esseguir quanto giovevol crede
o necessario a la Corona Franca.
Oh senza essempio incomparabil fede!
quando ai casi oportuni ogni altro manca,
sol questi al par de le piú forti mura
mostra petto costante, alma secura.

217.Fa gran levate di cavalli e fanti.
Che può contro costor l’oste nemica?
Gente miglior non vide il Sol tra quanti
cinser spada giá mai, vestir lorica.
Non sanno in guerra indomiti e costanti
o temer rischio, o ricusar fatica.
Usi in ogni stagion con l’armi grevi
bere i sudori, e calpestar le nevi.

218.Oh qual fervor di Marte, oh qual giá tocca
al Re crescente il cor foco d’ardire!
Brama di gir tra’ folgori che scocca
piu d’un cavo metallo, a sfogar l’ire.
Ma dapoi che non può lá dove fiocca
la tempesta del sangue in pugna uscire,
vassene o caccia essercitando, o giostra,
ch’una effigie di guerra almen gli mostra.