Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/596

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223.Fuor de’ materni imperi intanto uscito
passa il Re novo a possedere il trono,
da cui pria calcitrante, e poi pentito,
chi pur dianzi l’offese ottien perdono.
Richiamata è Virtú, Marte sbandito
per quell’alto donzel di cui ragiono,
l’alto donzel, che sostener non pavé
con si tenera man scettro sí grave.

224.Il Tamigi, il Dannubbio, il Beti, il Rheno
l’ama, il teme, l’ammira anco da lungo,
anzi fin ne l’Italico terreno
a dar le leggi col gran nome giunge.
E se pur di vederne espresso a pieno
un degno essempio alcun desio ti punge,
risguarda in riva al Po, come si face
arbitro de la guerra e de la pace.

225.Io dico, ove tra ’l Po, che non lontano
nasce, e la Dora e ’l Tanaro risiede
il bel paese, al cui fecondo piano
la montagna del Ferro il nome diede.
Vedrai Savoia con armata mano
che due cose in un punto a Mantoa chiede,
il pegno de la picciola nipote,
e de’ confin la patteggiata dote.

226.Vedi di Cadmo il successor, che viene
in campo a por le sue ragioni antiche,
e perché l’una nega, e l’altra tiene.
Case unite in amor tornan nemiche.
Forse nutrisci, o Mincio, entro le vene
il seme ancor de le guerriere spiche,
poi che veggio dal sen de la tua terra
pullular tuttavia germi di guerra?