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286 GIAMBATTISTA MARINO

domestichezza che passa tra noi cd il conto ch’io ne tengo. Né occorre di ciò ringraziarmi punto, perché se cosí non facessi, onorando chi mi onora, chi mi ama e chi realmente merita, crederei di far torto a voi e mancamento a me stesso.

Mi trovo, la Dio mercé, quattordicimila scudi in contanti sui banchi di Napoli e qui n’ho da buttar via e da donarne agli amici. Tenete dunque cotesti regali per la vostra madonna Fiora, a cui ho scritta una lettera ridicola tra le mie burlesche; e se volete regalarmi dadovero, cercatemi qualche bel dissegno, overo usate un po’ di diligenza di trovarmi delle stampe vecchie di que’ valenti maestri, come Marcantonio, Martin Rota, Giulio Bonasone, il Franco, Giovan Battista de Cavaleriis, Enea Vico ed altri simili, che fiorirono a tempo di Rafaello e di Giulio Romano, o sieno carte grandi o sien picciole, o al bolino o all’acqua forte, ché se voi mi donaste tesori non mi obligareste maggiormente, poich’ io tutto il mio spendo in queste opere e n’ho giá accumulate tante che potrò farne un bello studio; ma per compire certi libri di buona scelta, me ne mancano ancor alcune, le quali credo che si troveranno piú facilmente in coteste bande che in queste. In caso che mi vogliate favorire in questo, potrete farne un pachetto e indrizzarlo a Lione per via sicura con una sopracarta ed una lettera «Al molto illustre signor Giovanni Guinigi», il quale è un gentiluomo che quivi riscote tutte le cose che mi vengono d’ Italia. I due quadri di Santo di Tito accetto piú che volentieri, e non è dono da rifiutare, con obligarmi però alla ricompensa. So che fu valentuomo nel dissegno, se ben nel colorito riuscí alquanto crudo. Io non so quanto sien grandi, ma quando la misura e ’l peso non fossero sproporzionati, ardirei di pregarvi a mandargli in una cassetta diritta all’ istesso signor Guinigi, ma in questo non voglio importunarvi. Io fo travagliare una gran parte de’ buoni pittori d’Italia per fornire un museo ch’ io dissegno di fare in Napoli, dove porrò la mia libreria, ed a ciascuno ho dato un suggetto per unirli tutti insieme. Ne vorrei uno dal signor Spada, ma non presumo di fastidirlo, sapendo quanto sia occupato. Vorrei che V. S. destramente esplorasse la sua