Pagina:Martinetti - Saggi e discorsi, 1926.djvu/66

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ogni teoria nuova è il risultato di una specie di divinazione geniale, una affermazione indimostrata, che solo più tardi può trovare nella estensione ai fatti la sua conferma. Prima vengono innanzi gli «inventori»: poi vengono appresso gli spiriti servili, gli uomini di fatica della scienza, che «dimostrano», ossia raccolgono la verità fondamentale, l’applicano, l’utilizzano, e così, in fondo, alla fine la volgarizzano e la falsano. Per il loro breve sguardo la verità, alla cui luce essi vedono, si confonde col dato: essi sono dei dogmatici che fanno un costante appello al fatto, all’esperienza, e non vedono che nel fatto entra un fattore puramente spirituale e filosofico: quello precisamente il quale fa sì che il fatto così come oggi lo vediamo non sia più lo stesso fatto dell’osservatore di dieci secoli or sono. Questo fattore filosofico, questa «preparazione», appare come la obbiettività assoluta finchè le contraddizioni e l’elaborazione interiore del sapere ne hanno fatto riconoscere l’insufficienza: allora sorgono nuovi spiriti geniali che sanno vedere al di là del fatto e gettano nella esperienza umana una nuova e viva luce la quale trasfigura il concetto stesso del fatto. Così sorge e progredisce anche la scienza. Non mi si voglia perciò tacciare di dogmatismo se sarò costretto ad enunciare dei principii ai quali può mancare forse non la dimostrazione, che non ne hanno bisogno, ma la lunga preparazione che ad essi conduce. L’essenziale è per noi che essi introducano luce ed ordine là dove adesso non vediamo che un intreccio oscuro di contraddizioni e di problemi.

Il secondo inconveniente nasce dal carattere stesso della filosofia che non è una serie di soluzioni, ma una soluzione unica, una visione unica. Una visione filosofica è come uno sguardo unico gettato sulla realtà, che ne collega tutte le parti e riverbera su ciascuna di esse la luce che viene dalla considerazione dell’insieme. Quindi non vi sono propriamente parti nella filosofia: non vi è un principio, nè una fine: non vi sono problemi isolati, nè è possibile una trattazione particolare senza fare continuamente appello a principii e considerazioni che esorbitano dal suo campo speciale. Anche la trattazione di un problema particolare, come il nostro, costringe per conseguenza a risalire ai problemi più generali, a richiamare rapidamente tutta una concezione filosofica, a prendere il punto di partenza