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cuzioni: ma la vita religiosa collettiva è stata una morta gora, in cui si sono estinte le migliori parti delle nostre energie spirituali. Anche la Riforma è stata per noi un movimento parziale ed aristocratico: i nostri riformatori furono spiriti isolati, perseguitati e costretti ad errare, poveri ed irrequieti, lontano dalla patria: la più radicale delle chiese riformate, la chiesa Sociniana, è stata, ricordiamolo, una creazione dello spirito italiano. Questa assenza di una coscienza religiosa innovatrice fece sì che nel periodo del nostro risorgimento civile anche i nostri spiriti più profondi, Rosmini e Gioberti per esempio, tardi o mai riuscirono a liberarsi dalle catene tradizionali del dogma: e intanto la grande maggioranza, posta nell’alternativa tra l’ortodossia e la negazione scettica, sceglieva risolutamente questa seconda via, che doveva condurci ad una rapida decadenza. In nessuna parte meglio si vede questa ambigua e stolta cecità del nostro pensiero liberale quanto nella sua attitudine di fronte agli studi religiosi. Sopprimendo le facoltà teologiche, esso veniva a lasciare in mano alla chiesa, che ne è incapace, il monopolio della coltura religiosa, dandole così una ragione di forza e di vita che essa per sè nella sua corruzione non avrebbe avuto: e d’altra parte rinunziava per sè allo strumento più efficace del progresso e del rinnovamento spirituale.

Questa insufficienza spirituale della riforma liberale ha avuto diversi perniciosi effetti. Il primo è che essa ha lasciato sussistere di fronte a sè la chiesa come potenza autonoma di fronte allo stato, organismo per metà spirituale e per metà politico che turba la stessa vita dello stato e che sotto l’aspetto spirituale non è più se non un cadavere che impedisce ed ammorba la nostra via. Non è certo ammissibile che lo stato debba sostituire la chiesa: lo stato è per essenza un organismo morale, non un’associazione religiosa. Ma esso deve proporsi di favorire la vita religiosa, pur lasciandole la maggiore libertà di svolgimento, come fa anche oggi per l’arte, la scienza e la filosofia. E lo stato può assolvere questo compito, che è per esso compito essenziale e vitale, da una parte provvedendo istituti spiritualmente indipendenti che si assumano le specifiche funzioni della vita religiosa; dall’altra curando che questo svolgimento non sia ostacolato da associazioni che per il loro interesse oppongano ad esso la potenza delle loro influenze materiali. A questa ce-