Pagina:Martini - Trattato di architettura civile e militare, 1841, I.djvu/157

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libro i. 137


CAPO IV.

Della bontà dell’aria.

La quarta parte per la sopradetta ragione dichiarare debba la natura dell’aere, dove brevemente parlando quanto all’architetto s’aspetta, è da intendere che oltre alla malignità che riceve alcuna volta in se l’aere per gl’infetti terreni e acque, come di sopra ho dichiarato, procedono ancora da altre cagioni molte disposizioni di essa perniciose ai mortali, non parlando di quelle che i venti trasportano. La prima è profondità del luogo, come in qualche valle o piano circondato da colli o poggi, perchè in simili luoghi non può essere se non aere grosso e impuro: conciossiacosachè ogni grave al basso discenda, siccome il leggero in alto ascende.

La seconda contraria a questa è per la grande altezza del luogo, dove è l’aere tanto sottile che penetrando il petto, al cronico di diverse egritudini è cagione potissima.

La terza e ultima è per le acque che appresso alla città fossero, e questo in tre modi può accadere. O veramente le acque sono in paludi o stagni stabili e ferme, e queste alcuna volta la state disseccandosi per i gran calori dei raggi solari, o tutte o parte in maligni vapori si elevano, e molti animali di putrefazione si generano: le quali cose in mala disposizione dell’aere ridondano, e questo modo di tutti è il più nocivo. E il secondo modo è quando queste acque sono sopra la terra correnti, causanti effluvi, e di questi la notte massimamente molte nuvole e vapori si levano.

Il terzo e ultimo modo, quando sotto la città fosse di acque grandissima copia, siccome a San Germano1 e altri luoghi, benchè di fuori apparenti non fossero: perocchè non essendo molto profonde da quello sorgono molti vapori, i quali tanto più sono perniciosi quanto a quelli gli uomini manco considerano. E così sia fine della quarta.

  1. In regno di Napoli.

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