Pagina:Mattielli - Della vita e degli scritti di Gian Giacomo Mazzolà, Padova, Sicca, 1846.pdf/20

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ritosi e svelti pur lutti. vi trattarono soggetti più o meno elevati; e si uscì talora dal giro della satira, della favola e della novelletta, per trattare argomenti di sentita importanza. La grazia ed i sali del patrio dialetto brillano lietamente nei Sonetti del Mazzolà, parlando dei quali uno dei grandi ingegni che tanto onorano la riconoscente ed illustre Bassano, Bartolomeo Gamba, francamente affermava non invidiar essi per niente la celebre Bella mano di Giusto de Conti. Certe particolarità del cuore, che sfuggono spesso ai più esercitati scrittori, stanno nei Sonetti del Mazzolà non dirò raccolte, ma ingegnosamente scolpite; e le sue poesie fioriscono sempre di bei versi e pensieri, ed appajono veramente figlie più del cuore, che dell’ingegno. Ond’è che dalle sue poche ma auree produzioni, dettate così in dialetto che nella lingua comune d’Italia (produzioni della cui scarsità è ad accusarsi così la brevità della vita di lui, che quella modestia che concedevagli appena di comunicare talvolta gli scritti suoi a taluno de’ più teneri amici). ben chiaramente emerge aver egli meritato seggio onorevole nell’Italiano Parnaso 6.

Il Mazzolà visse celibe, poichè l’amore per la Nina da lui cantata occupavagli l’anima, e lo distoglieva da altre affezioni, da prima alimentato da speranza ingannevole. e poscia deluso, chè l’amata fanciulla stringevasi ad altre nozze; e questo amore non cessò mai dall’amareggiarlo: cosicchè se alcuno gli rammemorava quest’affetto e quel nome, la fronte di lui velavasi di mestizia, e morivagli il sor-