Pagina:Maturin - Melmoth, I, 1842.djvu/400

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rati dalla più terribile delle inquietudini, dall’errare cioè nelle tenebre fino a che la fame e la sete non ci avessero spenti: noi avevamo rinvenuta la cateratta. Io riponeva la più grande confidenza nel zelo e nella pazienza di Giovanni, ed era sicuro, che se egli ci aveva aspettato in quella notte, ci aspetterebbe ancora nella seguente, e più ancora.

Feci tutte queste osservazioni al mio compagno; ma da’ suoi gemiti, dalle sue imprecazioni, dall’inquietudine, che la sua impazienza e disperazione gli cagionavano, rilevai la differenza che passa tra un uomo l’altro in un momento di prova. Esso possedeva il coraggio attivo; io il passivo. Esso era pronto ad arrischiare la vita, l’anima, il corpo quando si trattava di agire; ma quando trattavasi di soffrire e pazientare, io diveniva l’eroe della sommissione. Intanto che quest’uomo, malgrado la sua forza fisica e l’arditezza della sua anima, si rotolava per terra colla imbecillità di un fanciullo il quale si lascia sopraffare dalla