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MEDEA. 213
A te giacendo a guisa
Di funereo costume
Una benda costringe
I capei rabuffati.
A te si move un ramo
Sparso de l’acqua oscura
Da la Stigia palude.
A te con petto ignudo
Pur a guisa di Menade con sacro
Coltello ferirò le braccia mie.
Stilla a glialtari il sangue
Nostro: avezzati mano
Stringer il ferro; et a poter patire
Spargere i sangui cari.
Dato ho percossa al sacro
Liquore. E se per caso
A te recasse noia
L’esser spesso chiamata;
Ti prego, che perdoni
Al disiderio mio caldo et ardente.
La causa di chiamare
Perseo spesso i tuoi archi
E sola e la medesima mai sempre
L’empio e fiero Giasone.
Tu hor la veste tingi di Creusa;
Laqual tosto c’havrà presa, si senti
Di repente abbruciar novella fiamma
Le profonde medolle.
Il fuoco chiuso in oro
Risplendente s’appiata:
Ilqual mi diede quello,
Che col fegato sempre
A sue pene fecondo
Purga la sua rapina;