Pagina:Memini - Mia, Milano, Galli, 1884.djvu/215

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tentava d'afferrar nettamente, collo sguardo, l'incerto contorno di quel corpicino femminile che giaceva, spossato, sotto alle lenzuola e pareva quasi farsi di nebbia, illanguidire nell'ombra cupa che andava invadendo la stanza. Avrebbe voluto parlare a Milla, udire la sua voce, ne sentiva come un bisogno angoscioso. E mentre pensava come potrebbe rivolgere a Milla una domanda anche indifferente, ma che la obbligasse a rispondere, ecco che per l'appunto quella povera e debole vocetta s'alzò in seno al silenzio pesante e misterioso, pronunziando una parola, che, da tempo non s'era sprigionata dalle labbra di Milla.

— Giuliano!

Egli trasalì e si chinò sul letto, premurosamente, con un terrore indistinto di quell'ora e di quell'accento.

Ella gli porse la sua manina tanto smagrita.

— Giuliano.... — ripetè lentamente, non debbo.... non bisogna che io me ne vada. E per ciò.... sai....