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nobil famiglia della Tosa, e messer Ostagio Polentano1: perciò il celebre Giureconsulto Bartolo, il quale viveva intorno alla metà del XIV. secolo2, lasciò scritto, che a motivo di quest’Opera, nella quale sostenne Dante che l’autorità degl’Imperatori era independenta da quella dei Romani Pontefici, fu quasi dannato come eretico3. Ed in fatti molti scrittori, i quali hanno sostenute le ragioni della Santa Sede, hanno in questa parte condannato4 il nostro Poeta, il quale non è maraviglia, se in tempi pieni di turbolenze, come quegli quegli che si professava Ghibellino, per aderire ai disegni di Arrigo VII. s’inducesse a difendere i pretesi diritti dell’Impero contro i Papi, dei quali non era punto contento. Merita per altro Dante qualche scusa5, se egli

  1. Tutto ciò lo racconta il Boccaccio nella Vita di Dante pubblicata del Biscioni fra le prose pag. 259. e pag. 260.
  2. Ved. il Pancirolo de clar. leg. Interpr. lib. 2. ec.
  3. In lib. 1. Divi Verus et Antoninus v. Praesides num. 3. § de requirendis reis, dice il Bartolo, che Dante in un libro intitolato «Monarchia disputavit tres quaestiones, quarum una fuit, an Imperator dependeat ab Ecclesia, et tenuit quod non, sed post mortem suam quasi propter hoc fuit damnatus ab Haeresi». Ved. Giannozzo Manetti nella Vita di Dante. Vedasi ciò che scrive il Fabricio nella sua biblioteca, ove si trovano notati (Ed. di Padova vol. 1. pag. 13.) alcuni autori che lo condannano come Eretico, tra i quali Bartolo. Anche S. Antonino molte cose riprende in lui nella cronica part. III. tit. 21. cap. 5. §. 2. pag. 306. e seg.
  4. Nell’indice espurgatorio di Spagna sono censurati alcuni passi della Commedia, e si accenna nominatamente l’edizione di Venezia del 1569. in fogl. col Comento del Landino; tanto è vero, che con ragione sono sempre state condannate le sue troppo pungenti espressioni contro i capi della Chiesa.
  5. E’ osservabile per altro quello che scrisse il medesimo Dante in questo suo Libro. Ecco le sue parole: «Quae quidem veritas ultimae quaestionis» cioè che il Monarca non riconosca fuori di Dio alcuno immediato superiore «non sic stricte recipienda est, ut Romanus Princeps in aliquo Romani Pontifici non subjaceat, cum mortalis ista felicitatas ad immortalem felicitatem ordinetur. Illa igitur reverentia Caesar utatur ad Petrum, qua primogenitus filius debet uti ad patrem, ut