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Ghilardi Vescovo di Mondovì dalla di cui cortesia l’ebbe in imprestito lo scrittore di queste memorie li 17 marzo 1857.

Quest’eredità non si riconobbe sufficiente ad aprire un ricovero pei due sessi, e si restrinse a quello pei figli maschi, i quali si ritirano all’età non maggiore d’anni 12, si ammaestrano negli studi elementari sino alla seconda grammatica, son diretti da un superiore ecclesiastico e servono da chierici nel santuario della Madonna SS. di Vico. Sono tuttora ammessi a goder di questo benefizio gli orfani di Ceva, di Sale, di Priero e di Castelnuovo a misura che si fanno posti vacanti in quel piccolo seminario, monumento perenne della pietà e generosità di quest’insigne benefattore marchese Alberto Ceva.

Questo piccolo seminario ebbe anche un altro benefattore nella persona del Monregalese Giovanni Bernardino Cordero che ne aumentò il redditto nel 1670, a benefizio dei poveri orfani di sua patria.


2. L’abate Ceva di Roascio.

In quest’elenco degl’illustri ecclesiastici di Ceva merita un posto distinto, l’abate Demetrio Ceva di Roascio, di cui si riferisce qui alla lettera, la necrologia che di lui si pubblicò nella Gazzetta Piemontese, delli 16 marzo 1839, n. 63.

« Nel giorno 10 dello scorso mese di febbraio (1839) mancava ai vivi in Vercelli nella grave età di oltre 16 lustri, e dopo brevissima malattia, l’abate D. Giuseppe Demetrio Ceva de’ marchesi di Roascio e Lesegno cavaliere della sacra religione ed ordine militare de’ Ss. Maurizio e Lazzaro, limosiniere onorario di S. M., Canonico arcidiacono della metropolitana, e Vicario generale di quella diocesi.

Distinto per nobiltà di natali, ma più ancora per intemerati e semplici costumi, e per religiosa pietà quest’insigne ed assiduo operaio della vigna evangelica, percorse il lungo stadio di vita, che la provvidenza gli aveva prefisso, facendosi specchio altrui, d’ogni cristiana e