Pagina:Memorie storiche della città e marchesato di Ceva.djvu/15

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Lo stesso Monsignor nella sua Corona Reale di Savoia parlò di bel nuovo di Ceva nei termini seguenti 1.

« Il marchesato di Ceva è una signoria di molti castelli, parte nell’alte langhe, parte nella valle del Tanaro, e monti circonvicini, e parte intorno alle ripe dei torrenti Monza e Casotto.

Aveva questo marchesato nella sua prima erezione assai più larghi confini che oggi non ha; poiché abbracciava molte altre terre; ma per essere quelle alla fabbrica del Mondovì concorse, furono indi parte con violenza, e parte volontariamente unite alla Provincia di quella Città. Oggidì pertanto oltre Ceva non contiene che 26 tra Castelli e Ville, parte nella diocesi d’Alba, alla quale Ceva appartiene, e parte in quella di Asti esistenti. Ad Oriente ha le terre della provincia d’Alba e quelle del marchesato di Saluzzo. A mezzanotte la provincia di Mondovì, a mezzo giorno il marchesato di Finale, ed alcuni luoghi della diocesi d’Albenga, ed a ponente l’Alpi di Tenda e della Briga; e comecchè tutto giaccia in valli e monti, non è molto abbondante di frumenti, produce con tutto ciò tanta copia di castagne, che per molti mesi dell’anno suppliscono ai bisogni di quei popoli, i quali trovandosi in paesi poveri, e dalla marina poco lontani, si vanno a procacciare il pane chi in una parte, e chi in un’altra d’Italia. Hanno buonissimi pascoli, onde ne viene che i formaggi cevaschi, che sono quelle piccole forme, quali con nome di Robiole si portano in Piemonte, ovvero quelli che si fanno nell’Alpi della Raschiera, che sono i confini delle montagne della Briga, e del Mondovì, vengono stimati di tanta bontà che Plinio nel cap. 42 del libro II, di sua storia naturale fra i più preziosi formaggi d’Italia gli annovera.

  1. Cuneo presso Bartolomeo Strabella 1657. Indi Torino nel 1777, per Onorato Derossi 2 vol. in 4°. Ci siamo serviti di questa seconda edizione, Vedi pag. 143 del 2° vol.