Pagina:Memorie storiche della città e marchesato di Ceva.djvu/292

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Questo sopruso fece nascere nella fiera un tal bisbiglio, che al punto di mezzodì si pubblicò un ordine del giorno che intimava a tutti di restituirsi ai loro paesi.

La voce dell’avvicinarsi dell’armata Austro-Russa andavasi confermando, come andavasi aumentando il mal contento delle oppresse e saccheggiate popolazioni. La guarnigione del forte s’approvvigionò di abbondanti munizioni da bocca, tentò di avere in suo potere otto cittadini dei più facoltosi, in ostaggio, ma i designati informati per tempo del progetto se ne fuggirono, e solo restò preso il marchese Del Carretto.

Sul far del dì delli 6 maggio si vide il territorio di Ceva coperto di gente armata proveniente dai paesi circonvicini.

In vista di ciò i francesi si ritirarono sollecitamente nella fortezza, e vi si chiusero col sacerdote D. Balbis di Garessio di cui si parlerà altrove, e l’avvocato Muzio.

Giovanni Penna, Stefano Franco, e Giuseppe Calvo si portarono alle Mollere ad incontrare alcuni condottieri della gente armata. Entrarono con essi in Ceva, ed il primo loro pensiero si fu di abbattere l’albero della libertà.

In questo mentre giunse in Ceva alla testa d’altri uomini armati il chirurgo Cerrina da Murazzano, il tenente Francolino da Castellino, molta gente di Mombarcaro, di Marsaglia, di Paroldo e di Sale capitanata dal signor Galliano, non che altri di Lesegno, di Malpotremo, di Priero, di Monesiglio, di Salicetto, di Torre di Ussone, della Scaletta, di Levice, di Prunetto, di S. Benedetto, di Camerana, di Montezemolo, di Castelnuovo, di Perlo, di S. Michele, d’Igliano, di Belvedere, di Battifollo, di Scagnello, Mombasiglio, Niella di Tanaro, Torricella, Roascio, Torre, e Roccavignale.

A questi si unirono molti di Ceva e si concertò il blocco della fortezza.

Fu grande e temerario ardire l’accingersi a tale impresa senz’artiglieria, senza tende, e con poca munizione da guerra e da bocca, e colla sola forza d’un cieco valore.