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La guarnigione francese evacuò il forte all’ora concertata. Dell’esito di sua marcia se sia giunta a Cuneo o no, non si ha memoria.

Tommaso Canavese, autore del memoriale istorico di Mondovì, dice che questa guarnigione giunse in Mondovì, dove i paesani pretendevano di toglier loro l’equipaggio gridando: spogliamoli nudi come vennero in Italia. Fu però’ tale equipaggio depositato colà nella chiesa di S. Francesco, quindi nella cittadella, e finì per rimaner preda di gente scapestrata.

Il comandante Maris, fu giudicato da un consiglio di guerra e passato per le armi. Fu veramente estrema dappocaggine il cedere una fortezza armata a tutto punto ad una turba di contadini, che sarebbero stati costretti fra non molto a rinunziare all’audace impresa, se si fosse fatto loro più lunga resistenza perchè mancanti di munizioni da bocca e da guerra.

Ad ogni modo fu questo un fatto memorando, degno d’una pagina della storia di Carlo Botta, potente scrittore delle luttuose vicende di quei tempi, il che certamente, non ebbe luogo per mancanza di esatte relazioni.

Appena caduto il forte in potere della forza armata, il capitano Francolino spedì tosto il capitano Luciano di Lesegno a portarne avviso al principe maresciallo Suvarow, generalissimo dell’armala russa calata in Piemonte.

La civica amministrazione spedì in Alessandria al quartier generale Austriaco due fratelli Garrelli fondachieri per chieder pel forte una guarnigione d’alleati. Si presentarono al generale Suhendorf, il quale tosto aderì alla fattagli dimanda.

Ritenne in ostaggio l’uno dei fratelli, e l’altro il diede per guida al capitano Krai Schmelzem il quale alla lesta di trecento soldati di fanteria e quaranta d’artiglieria per sentieri e strade inusitate, per dir così, in mezzo all’armata francese giunse felicemente alla fortezza, mise il tutto in assesto, aspettando nuovi assalti dal nemico, che andava di bel nuovo avvicinandosi alla città.