Pagina:Memorie storiche della città e marchesato di Ceva.djvu/318

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Lasciamo che questo luttuoso e troppo celebre avvenimento venga narrato da Carlo Botta, istorico contemporaneo di queste vicende.

« Occupata Roma per ordine di Napoleone, si vide Pio settimo costretto a fulminar la scomunica, contro l’usurpatore, e tutti i suoi fautori ed aderenti.

Data la sentenza si ritirava (il Papa) nei penetrali del suo palazzo attendendo a pregare, ed aspettando quello che la nemica forza fosse per ordinare di lui. Fe’ chiudere diligentemente le porte, e murare gli aditi del Quirinale, acciocchè non si potesse pervenire nelle interne stanze sino alla sua persona, se non con manifesta violazione del suo domicilio.

Informarono i Napoleoniani il loro padrone dello sdegno del Papa, e della fulminata sentenza: pregarono, ordinasse ciò che avessero a farsi.

Rispose, rivocasse il Papa la scomunica, accettasse gli offertigli due milioni; quando no, l’arrestassero ed il conducessero in Francia. Duro comando trovò duri esecutori. Andarono la notte del 5 luglio (1809) sbirri, masnadieri, galeotti e con loro, cosa incredibile, generali e soldati napoleoniani alla violazione della pontificia stanza. Gli sbirri, masnadieri ed i galeotti scalarono il muro alla panatteria, dove era più basso, ed entrati, aprirono la porta ai napoleoniani, parte gente d’armi, parte di grossa ordinanza.

Squassavansi le interne porte, scuotevansi i cardini, rompevansi i muri: il notturno rumore di stanza in stanza dell’assaltato Quirinale si propagava: le facelle accese che parte dileguavano, parte più addensavano l’oscurità della notte, accrescevano terrore alla cosa. Svegliati a si grande ed improvviso fracasso, tremavano i servitori del Papa: solo Pio imperterrito si mostrava. Stava con lui Pacca, cardinale, chiamato a destino peggiore di quello del Pontefice, per avere in tanta sventura e precipizio serbata fede al suo Signore, pregavano e vicendevolmente si confortavano. Ed ecco arrivare i napoleoniani, atterrate o fracassate tutte le porte,