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DI LIONARDO DA VINCI. 67

dice che più a’ Certosini che a’ Dominicani riconoscenza doveasi, perchè mentre l’originale per l’età, pel luogo umido, e per l’infetta parete, era ridotto a tale che poco si godea, la copia ben conservata ammiravasi e tramandavasi a posteri1. Andò verso la metà del secolo peggiorando il Cenacolo, cosicchè lo Scannelli2 avendol veduto nel 1642 dice »non conservarsi che poche vestigia nelle figure; e le parti ignude, come teste mani e piedi, essere quasi annichilate». Forse perchè in sì cattivo stato la videro nel 1652 i Dominicani trascuraronla a segno che difficoltà non ebbero di tagliare i piedi al Salvatore, e ai vicini Apostoli, per ingrandire la porta del refettorio. Nel 1674 il Torri disse che ’l Cenacolo, sì bello un tempo, era in sì mal essere che dirsi poteva il sole all’occaso3. In questo stato, e probabilmente peggiorando ancora, stette il Cenacolo vinciano sino al 1726, quando il pittore Bellotti con un suo segreto metodo, premessi avendo opportuni sperimenti, riuscì a ripulirlo e quasi a farlo rivivere. Pretesero alcuni che Bellotti ridipinto avesse il Cenacoto sui contorni vinciani; ma testimonio contemporaneo, riportato dal medesimo Pi-


  1. Berthol. Senensis. De Vita et Morib. B. Stephani. Senis 1726.
  2. Microcosmo della pittura. Cesena 1657.
  3. Ritratto di Milano, pag. 164.