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232 | viii - adriano in siria |
che tempo a respirar. Gli affetti miei
lasciami ricomporre, e poi vedrai...
Sabina. Vedrò che questo dí non giunge mai.
Adriano. Giungerá, giungerá. Sento, o Sabina,
che risano a gran passi, ecc.
SCENA XI [ultima]
Emirena, Farnaspe e detti.
Farnaspe. Pietá, signore!
Adriano. Di chi?
Emirena. Del padre mio.
Farnaspe. Dell’oppresso mio re.
Adriano. Roma, il senato
deciderá di lui. M’offese a segno,
che non voglio salvarlo;
né mi fido al mio sdegno in giudicarlo.
Emirena. Ma intanto lo punisci. È maggior pena
questa ad Osroa d’ogni altra.
Adriano. Omai non voglio
piú sentirne parlar.
Farnaspe. Dunque non curi
d’Emirena che piange?
ch’è tua sposa, se vuoi?
Adriano. Sposa?
Farnaspe. Non chiede
che ’l padre. E quella mano,
che può farti felice,
t’offre in mercede.
Adriano. Ella però nol dice.
(a Farnaspe, dopo aver guardato Emirena)
Sabina. (Aimè!)
Farnaspe. Parla, Emirena.
Emirena. Assai, Farnaspe,
hai parlato per me.
Adriano. Con quanta forza