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254 | ix - demetrio |
(Io quasi mi scordai d’esser regina.)
(torna a sedere. Fenicio e Mitrane vanno ad incontrare Alceste, che in picciola barca si vede approdare, e l’abbracciano)
Olinto. (Inopportuno arrivo!)
Cleonice. (Ecco il mio bene.
(verso Alceste, che s’avvicina)
Tu palpiti, o cor mio,
ché riconosci, oh Dio! le tue catene.)
Alceste. Pur mi concede il fato
il piacer sospirato
di trovarmi a’ tuoi piedi, o mia regina.
Pur il ciel mi concede
che a te della mia fede
recar sui labbri miei possa il tributo.
Felice me, se ancora
fra le cure del regno
d’un regio sguardo il mio tributo è degno.
Cleonice. E privata e sovrana,
l’istessa Cleonice in me ritrovi.
Oh quanto, Alceste, oh quanto
atteso giungi, e sospirato e pianto!
Fenicio. (Torno a sperar.)
Cleonice. Ma qual disastro a noi
sí gran tempo ti tolse?
Olinto. (Oh sofferenza!)
Alceste. Sai che la mia partenza
col re tuo genitor...
Olinto. Sappiamo, Alceste,
la pugna, le tempeste,
di lui la morte e le vicende...
Cleonice. Il resto
dunque giovi ascoltar. Siegui.
Olinto. (Che pena!)
Alceste. Al cader d’Alessandro, in noi l’ardire
tutto mancò. Giá le nemiche squadre