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atto secondo | 283 |
fors’è l’ultimo pianto. Addio! Non dirmi
mai piú che infida e che spergiura io sono.
Alceste. Perdono, anima bella, oh Dio! perdono.
Regna, vivi, conserva (s’alza e s’inginocchia)
intatta la tua gloria. Io m’arrossisco
de’ miei trasporti; e son felice appieno,
se da un labbro sí caro
tanta virtú, tanta costanza imparo.
Cleonice. Sorgi, parti, s’è vero
che ami la mia virtú.
Alceste. Su quella mano,
che piú mia non sará, permetti almeno
che imprima il labbro mio
l’ultimo bacio, e poi ti lascio.
Cleonice e Alceste. Addio!
Alceste. Non so frenare il pianto,
cara, nel dirti addio:
ma questo pianto mio
tutto non è dolor.
È meraviglia, è amore,
è pentimento, è speme;
son mille affetti insieme
tutti raccolti al cor. (parte)
SCENA XIII
Cleonice e poi Barsene, indi Fenicio.
ambiziosi miei folli pensieri.
Eccomi abbandonata, eccomi priva
d’ogni conforto mio. Qual nume infausto
seminò fra i mortali