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318 | x - issipile |
SCENA V
Eurinome e Rodope.
piú differire. Il concertato segno
a momenti darò. Ma tu nel volto
sembri confusa ancor.
Rodope. L’etá canuta
compatisco in Toante; il regio in lui
carattere rispetto.
Eurinome. Eh! che il peggiore
è de’ nostri nemici. In duro esiglio
per lui morí Learco; e tu dovresti
ricordartene meglio. Il figlio in lui
io perdei, tu l’amante.
Rodope. Il suo delitto
tal pena meritò. Fingea d’amarmi,
e tentava frattanto
Issipile rapir.
Eurinome. Rodope, io veggo
che alla tua debolezza
scuse cercando vai.
Rodope. Son donna alfine.
Eurinome. E, perché donna sei,
scuotere il giogo e vendicar ti déi.
Non è ver, benché si dica,
che dal ciel non fu permesso
altro pregio al nostro sesso
che piacendo innamorar.
Noi possiam, quando a noi piace,
fiere in guerra, accorte in pace,
alternando i vezzi e l’ire,
atterrire ed allettar. (parte)