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340 | x - issipile |
la bella mia nemica: io disperato
pianger dovrò. Fra gli amorosi amplessi
tu riderai di me: né poca parte
fia delle gioie tue la mia sventura.
Oh immagine crudele,
che mi lacera il cor! No, non si lasci
la vita a chi m’uccide. (impugna uno stile)
Mori!... (vuol ferirlo e si pente) Che fo? Son questi
que’ sensi generosi, onde poc’anzi
riprendeva me stesso? (resta pensoso)
SCENA XI
Issipile, Learco, Giasone che dorme.
dove mai troverò? Forse... Learco!
Perché stringe quel ferro?
Learco. (fra sé) Ignota al mondo
sará questa virtú. S’io non l’uccido,
perdo la mia vendetta,
né gloria acquisto. Eh! mi sarebbe un giorno
tormentosa memoria
questa pietá, che inopportuna usai.
Si vibri il colpo! (s’incammina in atto di ferire)
Issipile. Ah, traditor, che fai!
(trattenendogli il braccio)
Learco. Lasciami.
Issipile. Non sperarlo.
Learco. Il ferro io cedo,
se meco vieni.
Issipile. Un fulmine di Giove
m’incenerisca pria.
Learco. Dunque per lui
non aspettar pietá. (tenta liberare il braccio)