Ircano. E tu pretendi...
Mirteo. E vuoi...
Scitalce. Tacete: è vano il contrastar fra voi.
A vendicar Tamiri
venga Ircano, Mirteo, venga uno stuolo:
solo io sarò; né mi sgomento io solo.
(in atto di partire)
Semiramide. Férmati. (Oh Dio!)
Scitalce. Che chiedi?
Semiramide. In questa reggia
sugli occhi miei Tamiri
il rifiuto soffrí: prima d’ogni altro
io son l’offeso, e pria d’ogni altro io voglio
l’oltraggio vendicar. Qui prigioniero
resti Scitalce, e qui deponga il brando.
Sibari, sia tuo peso
la custodia del reo.
Scitalce. Come!
Sibari. Che intendo!
Semiramide. (Cosí non mi paleso e lo difendo.)
Scitalce. Ch’io ceda il brando mio!
Semiramide. Non piú; cosí comando, il re son io.
Scitalce. Cosí comandi! E parli
a Scitalce cosí? Colpa sí grande
ti sembra il mio rifiuto? Ah! troppo insulti
la sofferenza mia. Qui potrei farti
forse arrossire...
Semiramide. Olá! t’accheta e parti.
Scitalce. Ma qual perfidia è questa? Ove mi trovo?
nella reggia d’Assiria o fra i deserti
dell’inospita Libia? Udiste mai
che fosse piú fallace
il Moro infido o l’Arabo rapace?
No, no: l’Arabo, il Moro
han piú idea di dovere;
han piú fede tra loro anche le fiere. (getta la spada)