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156 | xiii - la clemenza di tito |
tollerar sí grave affanno,
per distinguer dall’inganno
l’insidiata veritá. (parte)
SCENA X
Servilia e Vitellia.
Vitellia. Posso alla mia sovrana
offrir del mio rispetto i primi omaggi?
Posso adorar quel volto,
per cui, d’amor ferito,
ha perduto il riposo il cor di Tito?
Servilia. (Che amaro favellar! Per mia vendetta
si lasci nell’inganno.) Addio. (in atto di partire)
Vitellia. Servilia
sdegna giá di mirarmi!
Oh dèi! partir cosí! cosí lasciarmi!
Servilia. Non ti lagnar s’io parto,
o lágnati d’Amore,
che accorda a quei del core
i moti del mio piè.
Alfin non è portento
che a te mi tolga ancora
l’eccesso d’un contento,
che mi rapisce a me. (parte)
SCENA XI
Vitellia, poi Sesto.
vergognoso disprezzo? Ah, con qual fasto
giá mi guarda costei! Barbaro Tito!