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S E C O N D O. 17

E stando in tal piacere,
Vidi (ahime) vidi Uranio,
Che la sua bianca greggia conducea
Ad un pasco vicino, e non sì presto
Lo vider gli occhi miei, che dentro il core
Restò piagato, & arso; allhora in vece
Di coglier fiori, i colsi ortiche, e stecchi;
E per rose odorate,
Pungenti spine nel mio seno posi.
Tu solo Uranio fosti,
Che di tenace nodo,
L’anima mi legasti,
All’hor, che dolcemente,
Con la dotta zampogna accompagnavi
I tuoi accenti, a i quali mentre
Pascea la tua lanosa, e grassa greggia,
Le ruggiadose herbette, rispondeva
Da questi cavi sassi Ecco infelice.
Da indi in quà mai non conobbi pace,
Anzi in sospiri, in pianti, e in fiamme ardenti,
Travaglia ogn’hor questa mia grave spoglia:
Nè Amor giamai, d’ogni mio mal radice,
Mi dà forza, e vigore,
Di scemar tanto ardore;
E, se ben gli occhi miei versano sempre
Amaro pianto, non per questo ponno
Spegnere in parte l’amoroso foco:
Ciò vietano i sospir, de’ quali il vento,
Sempre l’accende con maggior possanza;


Così