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T E R Z O. 29

E dicon, che l’Udito
E cagion, che si sente
La soave armonia,
De l’amata Sirena,
Per cui non hanno invidia
A l’armonia celeste.
Vogliono ancor, che l’Odorato serva,
Non solo per goder de’ varij fiori
Di primavera; ma per goder anco
De gli odori soavi, e delicati,
Che spira il seno, e la dorata chioma
De le lor Ninfe; e seguono, che ’l Tatto
Ci diè Natura, per goder del molle,
E delicato sen di bella Donna,
Per cui si possa mantenere al mondo
L’humana prole; e non s’accorgon, ch’io
Meglio di lor dispenso quei tesori,
Che Natura cortese, e ’l Ciel mi diede;
Nè, come lor, la maledico mai:
Perche, s’avvien (sì come spesso avviene)
Ch’una amante si sdegni con l’amata,
Subito gl’occhi maledice, e piange,
Perche Natura non l’hà fatto cieco;
Perche se visto non havesse il bello
De la sua Ninfa, non l’havrebbe amata,
Se con parole altere ella lo scaccia,
Esser sordo vorrebbe, e maledice,
Perche non nacque tale, e s’ei non puote
Sentir quell’aura delicata, ch’egli


E         Dice,