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l’assieme del loro impronto, che di quei luigini che allora con grosso utile si contraffacevano per conto dei Ferrari in Masserano, dei Tizzoni in Dezana, dei Cibo Malaspina in Massa, degli Spinola in Tassarolo, dei Doria in Loano, ed in Genova stessa si imitavano notandovi perfino la bontà, la quale, essendo in Francia di denari 11, segnavasi in alcuni essere di soli cinque.

Tutta questa specie di monete, appunto per essere falsificata, ben presto venne bandita nei finitimi stati; così vediamo che il duca di Savoia nel 1667 e 16691 proibì che fosse ricevuta in Piemonte e specialmente nel contado di Nizza, dove pare fosse sparsa in maggior quantità, e indi dal consiglio del re di Francia il 1° luglio 16862 venne ordinato ai monaci di Lerino di chiudere la loro zecca e licenziarne il maestro Abril di Nimes, che l’avcva appaltata per tre anni mediante il pagamento di lire 1,5oo, ma che suppongo nemmeno abbia avuto tempo di lavorarvi, chè nessuna moneta se ne conosce posteriore alla sopraddetta del 1671.

Questa credo sia stata la durala di tal effimera zecca, nella quale altre monete non devono essere state battute che luigini e doppi, essendoché doppie e scudi d’oro alcun lucro non potevano produrre per causa del costo del metallo, così nemmeno deve esisterne alcuna in rame, come il citato autore sospettò, essendo impossibile, quando ne avessero emesse, che in tanti anni nessuna se ne fosse potuta trovare.

Ho poi dubbio che da quell’abate la zecca non sia stata veramente aperta nella piccola terra di Seborga, la quale col grande aumento seguito di quelle popolazioni tuttavia appena conta oggi cinquecento anime, ma piuttosto sospetterei che nell’isola stessa di Lerino tali pezzi si battessero, segnandovi il nome di quella terra, nella quale, essendo sita fuori del territorio francese, forse ciedeva non potere questo governo ciò impedire.

L’abbazia in seguito a trattative fatte sino dal 1697 aveva stabilito di vendere Seborga al duca di Savoia per venti mila scudi d’argento, aumentati indi di L. 13,ooo, ma tale convenzione non ebbe effetto, e la vendita non si effettuò che li 3o gennaio 1729

  1. Borelli. Editti antichi e nuovi di Savoia. Torino 1681, pag. 370 e 37i.
  2. Papon, come sopra, pag. 599.