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TERZO. 59


LXXVII.


Non dite nò, non dite questa cosa,
     Perchè la morte non è d’acqua un sorso;
     Sebben sicuro ciaschedun riposa
     Sia tanto ch’ella non si mette in corso:
     Solo si spaccia d’alma coraggiosa
     Chi provato non ha di lupo il morso;
     Ma credo al certo, quando giunta è l’ora
     Che rincresca il morire ai bravi ancora.

LXXVIII.


Adesso io parlo, e dico a voi ghiottoni,
     Che per la gola tante industrie usate,
     E per condire, e far buoni bocconi
     Del Pan unto le regole studiate:
     Con questo Libro di meditazioni
     Per vostro Dio il ventre contemplate;
     D’Averno il fuoco poi nella cucina,
     E dentro al fiasco la Bontà divina.

LXXIX.


Colui, che troppo attende al crapulare,
     Per l’Inferno s’ingrassa, o miei Signori,
     E chi fino alla gola immerso stare
     Fra gli intingoli cerca, ed i sapori,
     Giammai si puol con mente al Ciel’alzare,
     Ma sol di denti proverà i stridori:
     Chi troppo mangia, e vuol tre pan per coppia
     Con il ventre ripien più presto scoppia.