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della lingua italiana 43

derivarono l’italiano lodare e il francese louer. Se il volgare salisicia (salis insicia) o salsitia diede il toscano salsiccia, il siciliano sosizza, il francese saucisse, lo spagnuolo salchicha, ecc.; a Milano, a Venezia e altrove dicono ancora lugànega, dal latino lucanica, usato da Marziale e da Cicerone.1 Se noi Italiani e i Francesi non ci contentammo di derivare cavallo e cheval da caballus, e diciamo anche cavalla e cavale (da caballa); gli Spagnoli e i Rumeni dicono, sì, cavallo e callu pel maschio, ma dicono yegua e épa (da equa) per la femmina; ed ebba dicono i Sardi, egua i Portoghesi; ed egua s’incontra anche nel provenzale, iegue nell’antico francese.2 E se il latino volgare porta prevalse generalmente su janua, questa vive ancora nel sardo settentrionale gianna e nel meridionale ennia, e vive nel napoletano votajanne (volta-janne), grimaldello.

Frequentissimo poi è il caso, che le due forme latine ne abbiano addirittura generato due (più o meno necessarie) anche nelle nuove lingue, come è accaduto in italiano da caecus e orbus, mutare e cambiare, dolor e cordolium, caput e testa, vulgus e volgus, ecc.

  1. Rucanica, in alcune parlate calabresi. Il Caix (Saggio cit., pag. 62) derivava lugànega dal lat. longano (spagn. longaniza); ma bisogna dire che non avesse presente il lat. lucanica.
  2. Il francese antico (giova ricordarlo) aveva anche tante e tante altre parole, oggi cadute in disuso, derivate dal latino civile (clamer, chiamare, da clamare; pesme, da pessimus, assentir da assentire, selve da silva, ecc.); e molte di esse vivono ancora ne’ suoi dialetti (crémer, bruciar leggermente, da cremare; nore da nurus, vime da vimen, ecc. — Cfr Littré, Op. cit., vol. II, pag. 119).