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apta non sint. — No, figlioli, no; mi turerò la bocca (Non, filii, non, sed oppilo os), rispose l’arcivescovo. Ma quando furono a tavola, il brav’omo, vedendo forse che Carlo mangiava poco, saltò su a dirgli: Pappa, Domine mi rex, pappa! Carlo, com’è naturale, si maravigliò (admiratus est) di quel pappa; e allora gli altri preti (figuriamoci con che premura!) gli spiegarono che l’arcivescovo, nella sua gran semplicità, con quelle parole non aveva punto inteso nè ingiuriarlo, nè beffarlo, ma solamente esortarlo a mangiare, come una madre fa col bambino. Ecce vere Israelita, in quo dolus non est, esclamò il Re; e divenne così benigno verso Grazioso, che gli concesse poi tutto ciò che volle. È dunque evidente che il verbo pappare aveva già nell’uso vivo il significato ingiurioso o burlesco (injuriae aut illusionis) di mangiare ingordamente, mentre invece in latino pare che si dicesse de’ soli bambini, quando chiedono il cibo, o quando mangian la pappa.

A. 816. Avent in longo pertigas quatordice in transverso, de uno capo pedes dece, de alio nove in traverso.... de uno capo duas pedis, cinque de alio capo. (Carta pisana, nel Muratori, Diss. cit., 481.)

A. 818. Ghisalperga, badessa di S. Lucia in Lucca, nomina rettore della chiesa di S. Pietro di Nocchi un prete Romualdo, il quale dal canto suo si obbliga a bene lavorare i terreni di detta chiesa, e a dare ogn’anno alla badessa medietatem vinum purum.... et medietatem castanie, et