Pagina:Moretti-Il Castello di Milano e i suoi Musei, Tipografia Umberto Allegretti, 1903.djvu/15

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Il governo della repubblica deliberò allora anche la distruzione del Castello mettendo all’incanto i materiali di spoglio, ma essendo mancati i compratori, venne decretato essere libero a chiunque di appropriarsi del materiale proveniente da tale distruzione. È però assai probabile che quella ruina non sia stata completa, se si considera la mole della costruzione, e se si pensa alle difficoltà riscontrate oggi, ad onta del sussidio delle mine, nel demolire alcune parti dell’antico recinto.

Francesco Sforza, vedendo fallire le sue mire di successione, da consumato capitano di ventura cambiò tattica e offrì i suoi servigi alla repubblica milanese. Per conto di questa egli condusse contro la repubblica Veneta quella campagna che fu risolta a Casalmaggiore con tanta fortuna per le armi ambrosiane, che i Milanesi stessi si allarmarono dalla popolarità che l’ambizioso condottiero si era acquistata e si affrettarono a concludere la pace. Lo Sforza, vistosi tradito dai Milanesi, si trovò alla sua volta incoraggiato a tradire e, d’accordo coi Veneziani e favorito da gran parte dei cittadini, assediò la città la quale il 25 febbraio 1450 capitolò, accogliendolo come suo signore.

Un mese dopo Francesco Sforza rientrava in Milano con la moglie Bianca Maria e, trionfalmente accolto, affermava solennemente in Duomo i suoi diritti di dominio.

Sebbene una delle condizioni dettate dai cittadini al nuovo duca, fosse stata quella di non più ricostruire il Castello visconteo, pure Francesco Sforza, desideroso di premunirsi contro ogni pericolo esterno, e dubbioso al tempo stesso della fedeltà dei suoi sudditi, ne vagheggiò subito la riedificazione; e con tale astuzia seppe insinuarsi presso i Milanesi e tanto fece e disse per dimostrare loro come la ricostruzione del Castello fosse opera di orna-