Pagina:Moro - Le lettere di Aldo Moro dalla prigionia alla storia, Mura, Roma 2013.djvu/34

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vamente in forma dattiloscritta1; si tratta chiaramente di una copia di lavoro, dove nel mezzo del testo compare il commento «Le righe che seguono sono da rivedere a secondo dell’utilità che possono avere per sua espressa opinione». Nella relazione della Commissione parlamentare del 1983 questa frase è interpretata come un’osservazione di Moro riportata dal dattilografo: in questo caso sarebbe Moro a rivolgersi a qualcuno dell’organizzazione terroristica2. L’associazione di questa nota al biglietto di Moro - non conosciuto nel 1983, all’epoca della relazione - e all’esergo dattiloscritto può invece far pensare alla terza versione di questa lettera come a una sistemazione di appunti materialmente trascritta dal dattilografo per preparare la versione definitiva: in questo caso la nota apparirebbe come un riferimento scritto per Moro da Gallinari.

La complessa elaborazione del testo giunse alla rilettura finale con la sostituzione di alcune pagine, evidentemente riscritte e poi ancora rilette: il primo foglio fu intestato con l’ultima penna, quella nera, con cui Moro rinumerò qualche pagina, che era stata scritta in blu, e fece qualche ripasso nero sull’inchiostro blu.

La torsione di questa scrittura, rielaborata da Moro ma in “parallela convergenza” con quel «dominio pieno ed incontrollato», ebbe un orientamento di tono opposto a quello delle due versioni per Zaccagnini, dove si passa dal più acceso a quello attenuato; qui è il contrario. La situazione espressa da questo testo è di scontro ormai irrecuperabile. Moro condanna senza appello le scelte della Dc e addirittura convoca il Consiglio nazionale del partito dal luogo del sequestro.

Questa lettera, come tutte le successive alle prime due qui riprodotte (nn. 3-14), fu scritta dopo la drammatica giornata del 18 aprile, quando fu scoperta la sede delle Brigate rosse di via Gradoli a Roma e fu diffuso un comunicato n. 7, poi rivelatosi falso, nel quale si dichiarava che il cadavere di Moro era stato lasciato nel lago della Duchessa, peraltro in quel periodo del tutto ghiacciato. I due fatti condussero a un bivio che dovette apparire a Moro come conclusivo e da quel momento la situazione si avviò verso la precipitazione. Dunque quel clima condizionò tutte le lettere successive, e la loro interpretazione non può prescinderne.

Già nelle altre lettere a Zaccagnini qui pubblicate, recapitate il 20 e il 24 aprile (nn. 3, 4) i toni erano stati quelli, e la successione di spiragli e chiusure si stringeva per Moro nella tenaglia della tragedia. Il pubblico rifiuto della trattativa, proposta con le sue lettere, sullo scambio di prigionieri; la pressione dell’interrogatorio contemporaneamente subito; la coscienza, emergente da varie parti del corpus di lettere, che le informazioni gli giungevano filtrate e non tutti i suoi scritti venivano

  1. Ibid., lettera n. 85.
  2. Relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta... cit., p. 107.