Pagina:Morselli - L'uccisione pietosa (L'eutanasia), Torino, Bocca, 1928.djvu/100

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Naturalissimo, questo pensiero di pietà inspirato da casi tragici come quello di Guy de Maupassant; però fortunatamente è raro, quasi eccezionale, almeno nel periodo del delirio, che il paralitico, affetto da spirochetosi cerebrale, abbia coscienza del proprio stato. La lesione diffusa e ad un tempo profonda ed incurabile della sua corteccia cerebrale, nei più dei casi lo eccita così da portarlo all’esaltamento maniaco oscurandogli la percezione della triste realtà e gettandolo anzi, ora in un ottimismo euforico puerile ed assurdo, ora in un delirio colossale di grandezza e felicità che lo tien sodisfatto e quasi beato fino agli estremi. Vi son casi, è vero, nei quali la stessa lesione porta alla depressione del tono neuro-psichico, alla più paradossale concezione pessimistica del guasto corporeo cui il malato si sente in preda; ma sono abbastanza rari, ed inoltre, se la tristezza li contrassegna, non è perchè il paziente si accorga della perdita della sua ragione, come accadde al De Maupassant e agli altri paralitici iniziali che soffrono le sue angoscie, ma perchè le impressioni cenestopatiche gli fanno percepire uno stato generico di malessere più fisico che morale.

A tale proposito debbo ricordare, che oltre al Naecke, un altro rispettabilissimo alienista tedesco, il prof. Alfredo Hoche, facendo proemio all’opuscolo del giurista Binding che già citai, ha trattato il nostro problema dal punto di vista della Psichiatria, chiedendosi