Pagina:Morselli - L'uccisione pietosa (L'eutanasia), Torino, Bocca, 1928.djvu/121

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Intende egli forse un medico, trasformato per l’occorrenza in un esecutore, munito di laurea e addestrato nella partita, magari con un tirocinio di Laboratorio e dopo prove sperimentali sugli animali?

L’elenco dei mezzi ordinariamente usati dai suicidi, che cercano, come io dimostrai nel mio libro Il Suicidio, per lo più di morire nel tempo più breve e col minor dolore che sia possibile (salvo in certi stati evidenti di perturbazione mentale), non ci serve affatto. Questi mezzi, in Italia, ad esempio, erano anni fa in ordine di frequenza: l’annegamento, le ferite d’arma da fuoco, l’appiccamento, la precipitazione dall’alto, le ferite d’arma pungente o tagliente, l’avvelenamento, l’asfissia, lo schiacciamento sotto veicoli (ferrovie)... Ma da allora ad oggi, prescindendo dalle divergenze di sesso, età, condizione sociale, professione, oltrechè di luogo, regione di campagna o di città, l’ordine proporzionale s’è alquanto mutato: son calati gli appiccamenti, le precipitazioni e anche le asfissie, è cresciuto (massime dopo la guerra) l’uso delle armi da fuoco, e per la grande facilità di procurarselo si predilige sempre più (massime fra le donne) il veleno. Senza voler discutere lungamente su questo lato del problema, è chiaro che alcuni di questi mezzi si escludono da sè: nessuno può pensare senza orrore a far precipitare dall’alto, ad annegare, a sgozzare, ad accoltellare, a porre sotto un treno o un auto-