Pagina:Morselli - L'uccisione pietosa (L'eutanasia), Torino, Bocca, 1928.djvu/85

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della specie, non appaia a certi pensatori, nè paradossale in Diritto teorico, nè immorale in pratica. Ma ecco che dalla soppressione degli individui che arrecano nocumento coi loro atti delittuosi alla Società civile e dai quali bisogna difenderla, scaturisce per nesso logico il problema del gravame che arrecano alla Società medesima tutte le ancor più numerose caterve di individui resi inutili da malattia incurabile e dalla età o fino dalla nascita o dopo un più o men lungo periodo di utilizzazione sociale. Forse negli antichi tempi, anche presso i nostri lontani antenati preistorici, doveva vigere il costume che tuttora conservano molte popolazioni barbare e selvaggie, le quali, per sovvenire ai bisogni vitali dei sani e dei giovani, sacrificano senza pietà quei membri della tribù che la infermità o la vecchiaia hanno ridotto nella impossibilità di aiutarla col lavoro a vincere le quotidiane difficoltà dell’esistenza. Non dovremmo noi pure adottare, con ritorno atavico e a tutela dell’economia pubblica e privata, un provvedimento così radicale? A chi trascina una vita grama, fatta di sola miseria fisica e psichica, o viene così a costituire una zavorra, non soltanto improficua, ma dispendiosa per la collettività, non sarebbe opera previdente applicare una procedura eutanatistica?

La malattia viene definita dai patologi: “la reazione dell’organismo alle cause morbifiche„ (Roger), e il suo esito è di tre specie: