Pagina:Morselli - L'uccisione pietosa (L'eutanasia), Torino, Bocca, 1928.djvu/98

Da Wikisource.

maggiormente risveglia in molte persone compassionevoli l’idea che se ne dovrebbe terminare artificialmente l’inesorabile decorso. Essa colpisce la personalità umana in tutti e due gli aspetti suoi caratteristici, nel fisico e nel morale; e la colpisce ordinariamente quando il soggetto è nel pieno vigore della vita, allora quando ha raggiunta o sta per avvicinare la méta della sua attività, quando è nel mezzo della sua parabola biologica ed ha per lo più una posizione sociale, acquistata con lunghi sforzi, da consolidare, quando ha famiglia e interessi multipli da proteggere, e, possibilmente, da far progredire. Spesso la malattia, che, come ognun sa, è dovuta alla presenza delle terribili spirochete della sifilide nel cervello, rimane latente per lunghi anni e non si svolge che in seguito alle difficoltà ed alle ansie, ai contrasti ed agli strapazzi; ma, per irrisione della sorte, essa insorge pure in coloro che con lavoro indefesso e con le opere dell’ingegno si erano già assicurato il successo; infierisce anzi fra gli intellettuali, attaccandone le facoltà superiori dello spirito, alterandone le capacità mentali caratteristiche, distruggendo a poco a poco l’intelletto, il talento, il genio. Non di rado questi intellettuali si accorgono della rovina cui vanno incontro, e nella loro desolazione meditano, tentano ed effettuano il suicidio. Morte liberatrice, dunque! Ora, perchè non liberarneli anche a scopo di utilità sociale, quando son diventati dementi?