Pagina:Neera - Addio, Firenze, Paggi, 1897.djvu/117

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addio! 103


semplice — la strada ferrata doveva condurci direttamente alla città, ma io pensai che con una leggiera deviazione avremmo potuto sostare un giorno al castello.

Oh! se avessi preveduto che questo cambiamento insignificante mi apparecchiava una nuova sventura! ma forse il mio sacrificio non era completo, e un grande castigo ci voleva per placare l’infallibile giustizia.

Giustizia di Dio? degli uomini? del caso? — non so. Io non credo a un tribunale sempre pronto a punire o a scrivere le colpe sul libro leggendario dei tormenti eterni; ma credo nella giustizia immensa della natura, nell’equilibrio universale che non tien conto dell’individuo, dei tempi e del modo, che colpisce il padre nel figlio e l’uomo nei popoli. Talvolta la giustizia è immediata, come nel mio caso — il volgo allora crede scorgervi un intervento divino — ma tal altra si nasconde al breve giro di un’esistenza, poichè cos’è un’esistenza nell’ordine immenso della natura? e cos’è un’anima d’uomo con tutto il suo orgoglio, con tutti i suoi vizii, in confronto della grande anima dell’universo?