Pagina:Neera - Crevalcore, Treves, 1907.djvu/251

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tura privilegiata della quale un inserviente ferroviario gli teneva rispettosamente aperto lo sportello. Nè appena vi ebbe posto il piede che rivedendo la bella signora, immobile allo stesso posto in cui l’aveva lasciata, si voltò indietro a gettar via il sigaro intero come stava, e solo dopo avere compiuto questo gesto elegante prese lo slancio dinanzi a lei mormorando: Pardon.

Tra Monselice e Abano il panorama grazioso delle colline parve interessare Meme. Avvezzo ai malinconici orizzonti di Ferrara, quel sorriso di poggi verdi e fioriti gli penetrava per la vista al cuore portandovi una grande dolcezza. Lasciava errare lo sguardo sugli alberi fuggenti, sui nastri sinuosi dei sentieri, sulle umili case sparse senza formulare nessun pensiero concreto, sentendo passare sul suo volto le carezze della vita.

A un certo punto il cimitero di un villaggio si presentò tutto a un tratto colle sue croci meschine, colle poche lapidi sulle quali correvano al sole le lucertole. Peuh! — fece Giacomo Dona con un movimento di disgusto. — Meme invece sorrise. Anche dalle croci, anche dalle pietre abbandonate