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Pagina:Neera - Un romanzo, Brigola, Milano, 1877.djvu/10

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— No, grazie.

— Non mangi?

— Assolutamente.

— Ti senti male?

— Ma... non mi pare.

— Hai...

La signora Chiara stava per dire: hai la luna? quando esaminando attentamente il volto di suo fratello capì che un dolore grave e fortemente sentito doveva essere la causa della sua alterazione. Buona donna se mai ve ne furono, e sorella svisceratissima, ella si diede subito attorno con parole, con carezze, con preghiere di svelarle il motivo dei suoi affanni. Ma l’avvocato tenne duro. Evase le domande, chiamò a soccorso il tempo, i nervi, gli affari; disse che egli non aveva nessun dispiacere, che il suo carattere lo portava talvolta alla malinconia, ch’erano meteore, nubi passaggere — concluse:

— Non abbadarmi, Chiara, io sono felicissimo.

Eterni Dei! come aveva pronunciato quel felicissimo.

Chiara non volle insistere; si concentrò tutta nel suo piatto, che vuotò prestamente. Era una donna vivace, aperta, amica della compagnia, dei motti scherzosi, lepida essa pure — di una lepidezza un tantino volgare e chiassona — donna alla mano, come si dice, senza pregiudizii, punto aristocratica e bonaria sopratutto. Aveva quarantanni — era vedova — e portava sempre